sabato 24 gennaio 2009

Il territorio si mobilita contro il disastro Autostrada in Maremma Etrusca






Corridoio tirrenico: parte la mobilitazione



Sulla costruenda autostrada Livorno-Civitavecchia il Codacons è pronto ad aprire la battaglia. Ha avviato la procedura per presentare un mega ricorso al Tar del Lazio ed ha aperto ufficialmente il primo referendum sul web per raccogliere opinioni



TARQUINIA - "Non siamo per il no a tutto. Ma vogliamo capire ed essere coinvolti nelle scelte che riguardano il futuro del nostro territorio. Chiediamo confronto e consapevolezza. Perchè non si può ampliare l'attuale Aurelia?". Così l'avvocato Carlo Rienzi si è presentato alla folta platea che stamane ha partecipato al dibattito pubblico organizzato dal Codacons per dire no all'autostrada tirrenica. Con l'incontro di oggi si apre ufficialmente il primo referendum sul web, relativo alla contestatissima autostrada Livorno-Civitavecchia. Al dibattito, tenutosi presso la sede della Stas, a Tarquinia, il Codacons ha illustrato i motivi del ricorso che sarà presentato al Tar del Lazio, col quale si chiederà la sospensione del progetto autostradale. I motivi dell’azione legale sono molteplici: da quelli ambientali, a quelli prettamente tecnici. Per quanto riguarda l'aspetto ambientale, ha spiegato l'avvocato Carlo Rienzi del Codacons, "i territori sui quali passerà l’arteria rappresentano patrimonio naturale e culturale riconosciuto dall’Unesco e dunque non possono essere devastati". Per quanto riguarda le contestazioni tecniche, il Codacons fa riferimento alla "mancata informazione ai residenti e alla irregolarità nell’iter per la valutazione d'impatto ambientale". Del resto, dai Comuni, alle Regioni, al Cipe, tutti avrebbero approvato un progetto fantasma. Vale a dire un progetto autostradale presentato dalla Sat ma che non riporterebbe le dovute intestazioni e le necessarie indicazioni su chi effettivamente l'abbia redatto. C'è addirittura chi parla di più progetti che circolano sulle scrivanie dei vari organi istituzionali. Lo stesso ''tracciato di massima'' approvato recentemente dai consigli comunali di Montalto di Castro e Tarquinia sarebbe già stato ampiamente superato da un nuovo tracciato, da molti definito ancora più invasivo. Il Codacons è deciso a fare chiarezza. "Dal momento che i lavori interesseranno oltre due milioni di cittadini - ha detto Rienzi - e il ricorso rappresenterà la più colossale azione per numero di soggetti coinvolti, il Codacons ha deciso di aprire il primo referendum sul web. Sul blog www.carlorienzi.it e sul sito Internet www.codacons.it, i cittadini potranno esprimere da oggi la propria opinione e dirsi favorevoli o contrari alla realizzazione dell’autostrada tirrenica Livorno-Civitavecchia, motivando la propria scelta". Al dibattito, stamane, hanno partecipato e preso la parola, tra glia altri, anche Luigi Daga, che non ha risparmiato nessuno: "I Comuni troppo obbedienti ai poteri forti. E anche Matteoli e le Regioni non ce la raccontano giusta. Hanno approvato un progetto in fretta e furia, senza che ci fossero tutti i documenti ufficiali". Inevitabile la menzione all'Aurelia: "Per tanti anni - ha detto Daga - mi sono battutto ed ho lottato per il suo ammodernamento e adeguamento. Adesso tutti i soldi spesi saranno buttati al vento. L'Aurelia sarà smantellata, perché vogliono ridurre l'arteria ad una strada di tipo F2, vale a dire una strada locale con percorrenza pedonale e ciclabile". Tra i presenti anche l'imprenditore Enrico Benedetti, promotore dell'incontro e il consigliere comunale d'opposizione, Sergio Benedetti (Pdl). Quest'ultimo ha parlato come coltivatore diretto, sottolineando il "gravissimo danno al lavoro" che si arrecherebbe in caso di attuazione dell'autostrada secondo il tracciato presentato dall'amministrazione comunale. Duro affondo del consigliere Benedetti alla giunta Mazzola "che nel presentare le osservazioni tecniche al progetto ha esplicitamente richiesto di tutelare i terreni a sviluppo industriale a discapito di quelli a vocazione agricola". Forte il disappunto proprio degli agricoltori tarquiniesi, molti dei quali si vedranno espropriare terreni che costituiscono la principale fonte di sostentamento. Al dibattito era presente anche il professor Ernesto Cesarini, da anni in prima linea per la tutela del territorio e dell'ambiente, il presidente della cooperativa Pantano, Gianfederico Angelotti, e il presidente del Consorzio di Bonifica, Emidio Palombi. "Il problema - ha spiegato Rienzi - è che per quarant'anni non è stata fatta alcuna pianificazione in vista dell'arrivo di un ipotetico progetto autostradale. Ciò significa che sono state rilasciate centinaia di concessioni edilizie sui territori dove oggi dovrebbe passare il corridoio tirrenico. E' un assurdo. Ci sono persone che subirebbero un danno ben più grave della semplice indennità prevista per l'esproprio dei terreni".

giovedì 1 gennaio 2009

HABITAT ETRURIA con CLAUDIO ABBADO! "Piantare alberi ovunque, e soprattutto fermare l'orgia di abbattimenti"!



In Corriere.it
«Ritornerei solo per un cachet in natura»


MILANO —Un ragazzo col ciuffo, scuro e spettinato. Un capellone, si sarebbe detto in quegli anni, quando la zazzera incolta era il segno distintivo del modo di vivere e di pensare di chi voleva cambiare il mondo. E proprio mentre il mondo era tutto beat, in quel ‘68 fatidico, un trentenne milanese che amava i Beatles e Mahler, veniva incoronato direttore musicale dell’Orchestra della Scala. Aveva solo 35 anni Claudio Abbado. Un’età oggi impensabile per un simile incarico. Il podio più prestigioso del mondo era suo. Una nomina lampo, promossa dagli stessi professori d’Orchestra, che seguiva di poco il suo esordio al Piermarini, nel 1960. Le foto d’epoca ce lo rimandano con la bacchetta stretta tra le dita nervose, la lunga frangia ondeggiante sugli occhi, «dolce vita» nero alle prove, smoking di rigore alla sera. Il gesto elegante e preciso fin da allora. Uguale lo sguardo, riservato e ironico. Un giovane direttore, già con le stimmate carismatiche del grande interprete. Una stagione miracolosa la sua, lunga 18 anni, dal ’68 all’86. I tempi di «Claudio Abbado alla Scala», come dice il titolo del suggestivo volume (Edizioni del Teatro alla Scala, Rizzoli, pp.329, 60 euro) dove le curatrici, Angela Ida De Benedictis e Vincenzina C. Ottomano, ripercorrono con immagini e documenti, ricordi e testimonianze di artisti e amici (tra cui Roberto Benigni, complice di due Pierino e il lupo) quell’età dell’oro musicale rimasta incancellabile per chi ha avuto la fortuna di viverla.

E a lei Abbado, cos’è rimasto di quel periodo?
«La memoria di 18 anni intensi e curiosi - risponde il direttore, oggi 75enne -. Un periodo molto creativo per la Scala, ma anche per Milano, a quei tempi vera fucina di idee e di intelletti».

Il suo arrivo alla Scala coincise con il ’68. E anche lei mise in atto una sua rivoluzione: accostare passato e presente, classici e contemporanei, proporre musicisti inediti, dar spazio alla sinfonica...
«Bruckner per esempio, non era mai stato eseguito, nè alla Scala nè in Italia. E anche Mahler. E Maderna, Donatoni, Boulez, Sciarrino... Le grandi prime di Luigi Nono e di Stockhausen. Il Festival Berg, il Festival Musorgskij. L’esperienza di "Musica del nostro tempo" con Pollini e Manzoni...»

Nomi difficili ieri, e oggi forse anche di più. Come reagiva allora il pubblico, certo poco uso a quelle nuove sonorità sperimentali?
«In effetti non era sempre facile nè indolore. Anche parte della critica aveva da ridire. Fischi e contestazioni ce ne sono stati. Ma gli applausi via via crescevano. Via via il pubblico cambiava, più giovane, più "normale". La nascita della Filarmonica, l’esperienza di portare la musica nelle fabbriche, all’Ansaldo, alla Breda, alla Necchi, ha aperto a nuovi ascolti, ha smosso desideri di conoscere». Del resto, quando Luigi Nono varcò la soglia del Piermarini con la prima di Como una ola de fuerza y luz, il primo a esser stupito fu lui stesso. In una lettera indirizzata ad Abbado scriveva nel suo idioma italo-veneziano: «Ti gavevi rasone: se pol smover tuto, perfin la Scala. OSTIA!! E la smoveremo insieme». Difatti. Il concetto di musica, di farla e di ascoltarla, stava cambiando a rotta di collo. Musica non più come evasione ma come impegno. Sociale, politico. Pollini che prima del concerto in Conservatorio legge una dichiarazione contro i bombardamenti Usa in Vietnam tra i fischi del pubblico. Abbado che cancella due repliche del Barbiere di Siviglia in segno di lutto per l’attentato di piazza Fontana.

E’ vero che alcuni critici vi chiamavano i NAP, acronimo di Nono Abbado Pollini, ma anche dei Nuclei Armati Proletari?
«Sciocchezze. E’ vero che tra noi c’è sempre stata una grande amicizia e una grande consonanza etica ed artistica. Per noi tutti, ad esempio, la cultura era un momento di scoperta collettiva. Per comodità alcuni mi avevano bollato come "comunista", ma io non sono mai stato in nessun partito. Naturalmente ho le mie opinioni, sostengo le cause che mi sembrano giuste».

Quei suoi anni alla Scala sono stati caratterizzati anche dalla presenza di grandi nomi della regia, da Strehler a Ronconi, da Ponnelle a Zeffirelli, da Ljubimov a Vitez...
«Vero, anche se alcuni di loro allora non erano così noti. Dodin ai tempi era quasi sconosciuto e anche Strehler era molto più famoso per la prosa che per la lirica».

Lunga la lista anche dei direttori ospiti in quel periodo, da Barenboim a Kleiber, da Bernstein a Karajan, da Maazel a Mehta, da Sawallisch a Solti...
«E Riccardo Muti. L’ho invitato io a dirigere il suo primo concerto alla Scala, nel ’70. Gli proposi anche di lavorare insieme. Certo, avevamo gusti diversi, ma avremmo potuto. Una direzione condivisa, perché no? Lui però preferì restare a Firenze, alla guida del Maggio Musicale ».


Abbado in azione
Alla Scala arriverà dopo. Nell’86, quando lei lasciò la direzione del Teatro. Allora si parlò di suoi dissapori con l’Orchestra. La stessa che costrinse poi Muti ad andarsene. E che di recente ha messo in forse la prima del «Don Carlo». Un’Orchestra difficile?
«Non per quel che mi riguarda. Sono sempre andato molto d’accordo con l’Orchestra e con le maestranze scaligere. Le turbolenze esistono in tutte le formazioni del mondo. Però, quegli scioperi così sistematici sono un vizietto tutto italiano. Ci sono altri modi per ottenere le cose ».

Come vede la Scala di oggi?
«L’attuale sovrintendente Stéphane Lissner è molto bravo, sta facendo un buon lavoro. Immagino gli costi gran fatica vista la città. Milano di oggi non è certo un luogo dove si sostiene la cultura. E neanche il resto, date le condizioni di degrado ambientale in cui versa. Peccato, meriterebbe ben di più».

E’ per questo che lei non vuol tornare?
«Certo a Berlino l’aria è migliore...».

E’ la sua ultima parola? Cosa dovrebbero offrirle per farle cambiare idea?
«Un cachet fuori dall’ordinario. Novantamila alberi piantati a Milano. Un pagamento in natura. Se accadrà, sono pronto a tornare. A Milano, alla Scala».

Giuseppina Manin

Prima di tutto la MESSA IN SICUREZZA dell'AURELIA


Autostrada Tirrenica: la priorità resti la messa in sicurezza dell'Aurelia

Angelo Gentili, Segreteria Legambiente: "Rilanciare l'economia costruendo un'autostrada, con annessi sbancamenti di colline e deturpamento di territori, forse manca un po' di lungimiranza"

Grosseto: L'adeguamento in sede della statale Aurelia resta la scelta migliore sia in termini ambientali, che di efficacia ed efficienza. Al contrario, risulta discutibile quella di costruire ex-novo un enorme nastro autostradale, con immenso dispendio di soldi oltre che di suolo, invece di adeguare l'Aurelia a corridoio autostradale e di costruire accanto a questa una piccola complanare per il traffico ordinario con un impatto molto minore.
Cosa che avverrà, per esempio, nel tratto laziale dove l'autostrada viaggerà per il 90% del tracciato sull'Aurelia, che verrà quindi adeguata a caratteristiche autostradali.
"Il tracciato approvato -spiega Angelo Gentili, segreteria nazionale Legambiente - avrà un devastante impatto su aree agricole, boschi e paesaggi di enorme pregio. Da anni Legambiente, accanto a cittadini e associazioni, sostiene che la priorità, soprattutto per la realtà grossetana, sia l'adeguamento e la messa in sicurezza
dell'Aurelia, scelta migliore sia in termini economici, di rapidità dei tempi per l'esecuzione dell'intervento, che evidentemente per la tutela del patrimonio territoriale. La cronaca nera purtroppo è drammatica testimone di quanto siano urgenti interventi in questo senso, di contro a previsioni impattanti, che tra l'altro andranno a riguardare inizialmente il tratto Cecina- Grosseto e non interverranno dunque là dove ve ne è più bisogno, ovvero i tratti a due corsie che insistono prevalentemente nelle aree a sud della nostra Provincia. L'Autostrada così come ad oggi ipotizzata resta dunque discutibile, proprio perché non risolve i problemi di chi si trova ogni giorno a percorrere un Aurelia estremamente pericolosa e, contestualmente, mina l'integrità di un territorio che sta facendo della sostenibilità ambientale un vanto. Per questo la scelta di un Aurelia sicura ed adeguata inserita in un sistema di mobilità per mare e su rotaia sinergico e moderno resta la via per una rete dei trasporti efficiente funzionale ad uno sviluppo sostenibile della nostra regione e del nostro territorio".